Il rispetto è fatto di cultura, non demografico
Il rispetto e la dignità di una comunità, che non crescono con l’aumento della demografia ma con la consapevolezza che la fusione amministrativa è uno strumento per andare oltre al semplicistico concetto di comunità.
È vero, se siamo piombati a questo livello non è solo imputabile ai centralismi. Non fraintendetemi, i capoluoghi storici fanno il loro lavoro! Noi però, in riva allo Jonio ci mettiamo anche tanto di nostro, per facilitare il compito ai primi.
Nelle ultime ore circola in rete la paventata ipotesi che l’HUB di Cosenza debba accorpare tutta le strutture ospedaliere spoke, in capo alla provincia. Niente d’ufficiale, sia chiaro, ma perfettamente in linea con le storiche azioni intraprese, nottetempo, alla confluenza tra il Crati ed il Busento.
Il tutto, sempre, con buona pace dei malcapitati desaparesidos di levante che albergano l’elefantiaca provincia cosentina.
Se dovesse riscontrare conferma, la notizia, avrebbe risvolti drammaticamente inimmaginabili, per una realtà già provata dal punto di vista sanitario e non solo.
In tutto ciò, la politica nostrana, piuttosto che mostrare i denti, rilanciando al mittente la sciagurata ipotesi, trova il tempo per bighellonare parlando di ufficetti spostati da un lato all’altro e paternità in capo a Santi Patroni, ai quali sembrerebbe si voglia togliere la chiave d’accesso alla città.
Mi chiedo: ma ci rendiamo conto di quanto siamo mediocri? Qualcuno tenta di toglierci finanche quel filo d’aria rimasto e noi perdiamo tempo a parlare di santi!
Forse sarebbe stato utile a sedare superflui crampi addominali, specificare che una città, legalmente riconosciuta come tale, per motivi di carattere civile, prima che di fede religiosa, è tenuta per legge a nominare il proprio Santo Patrono. Non fosse altro che i lavoratori dipendenti ricevono in busta paga la maggiorazione lavorativa quando prestano la propria forza lavoro nel giorno di ricorrenza. E non esiste luogo al mondo in cui possano essere riconosciute ai residenti nella medesima città, giornate diverse a seconda dell’area abitata. Questo non toglie che le festività religiose in capo alla tradizione, possano e debbano essere mantenute e rispettate, ma si pone il bisogno e la necessità di nominare una figura terza che rappresenti la sintesi civile al riconoscimento della Città.
E smettiamola altresì con l’insano pennacchio che s’inalbera nel momento in cui un ufficio cambia allocazione geografica all’interno della stessa città! Proviamo a preoccuparci di ciò che varca il confine del Crati senza più fare ritorno.
La fusione era e resta uno strumento, che consentirà, se adeguatamente corredata, di rilanciare un intero territorio orfano di servizi ed identità. Di certo non contribuirà ad elevare la cultura se i presupposti saranno, sempre e solo, la difesa degli aridi orticelli, che ad oggi hanno contribuito a considerare la sibaritide ed il crotoniate, quindi tutto l’arco Jonico, le cenerentole del Mediterraneo. Del resto non è certo la demografia ad inverare il livello culturale di un popolo che per anni ha continuato a mendicare, col cappello in mano, alla corte dei rispettivi capoluoghi storici.
Il comitato Magna Graecia ha offerto una visuale, che va ben oltre l’unica e sola possibilità di avere un ospedale Hub, o il semplice ufficio. Ha palesato una visione di territorio, quello che ancora manca nelle sterili ed elementari argomentazioni che infarciscono i rotocalchi nostrani.
Domenico Mazza