Tragedia a Steccato di Cutro: dramma annunciato.
Decine di vittime frutto di ipocrisie e rimpalli istituzionali.
Ancora un dramma. Né il primo e nemmeno l’ultimo. Altre vittime frutto dell’ipocrisia e del rimpallo di responsabilità, come se non si avesse contezza da quali scenari di guerra e, da ultimo, di calamità naturali questa gente scappa.
È il combinato disposto, con le condizioni metereologiche, sul quale, questa notte, lo Jonio e le coste Crotonesi hanno contato altri morti e dispersi in mare. È emblematico come una terra di frontiera, periferica e talvolta marginalizzata rispetto alle grandi infrastrutture Continentali (T- TEN), la Calabria Jonica, possa, suo malgrado, essere scenario drammatico ma anche gravido di speranza e di accoglienza. La sordità piuttosto che l’indifferenza, purtroppo, riguarda altri livelli di responsabilità che chiamano in causa non solo entità nazionali ma anche comunitarie ed internazionali. Lo sostengo da tempo. L’ONU ha voltato il capo dall’altra parte rispetto alle proporzioni dell’esodo da altri continenti verso il Sud Europa, senza richiamare le istituzioni comunitarie a farvi fronte come Unione e non come parte di essa: solo l’Italia. Una presa di posizione così autorevole avrebbe messo al riparo le ONG dall’interpretazione giuridica e di diritto della navigazione per le quali, legittimamente, quelle navi, sono territorio nazionale. Va da sé, quindi, che indipendentemente dal porto nel quale si approda, quegli immigrati andrebbero accolti come Unione Europea. Ma una elementare regola di accoglienza viene complicata o, addirittura, disattesa dal burocratismo insensato che la politica, poi, non riesce o non vuole correggere. Dublino, purtroppo, non ci evoca solo una delle più attrattive capitali del Regno Unito ma anche la sede nella quale l’Unione Europea ha lasciato spazio all’egoismo ed alla visione nazionalista e non Comunitaria. Il regolamento di Dublino – e ribadisco regolamento e non trattato – ha rappresentato un punto di caduta della prospettiva di unità politica dell’Europa. In una occasione di riflessione sul tema, ebbi modo di evidenziare la distrazione del Governo Italiano dell’epoca (Centro Destra) nel voto favorevole al regolamento che prevedeva lo Stato di primo approdo come responsabile della gestione e dell’accoglienza. Utilizzai un’immagine oggettiva: il Sud Europa (Italia Grecia Malta Spagna) ha di fronte il Nord Africa e qualche milione di potenziali immigrati. Il Nord Europa la Groenlandia e, al massimo, qualche migliaio di Eschimesi. Ma, al netto di quella distrazione, quanto tempo hanno impiegato i Governi Italiani, tutti, a porre la questione della modifica del “Regolamento di Dublino” come dirimente del principio di unità e di coesione?
Molti anni. Troppi. E tutti questi anni, prima che Giorgia Meloni ponesse il problema in termini di rispetto della legalità internazionale e Comunitaria, i Governi Italiani hanno preferito ingaggiare dispute nelle Istituzioni Europee per qualche decimale di sforamento del debito per non incorrere in procedure di infrazione. Francamente una povertà nazionale, perché lo hanno fatto tutti i Governi prima di quello Meloni ai quali, la Presidente, ha pure partecipato ed, evidentemente, ne ha tratto esperienza. Oggi pare che qualcosa si muova ed accogliamo con cauto ottimismo gli orientamenti dell’ultimo Consiglio Europeo in ordine, fra gli altri, alla questione dell’immigrazione. Certo, a ripensare a quante tragedie si siano consumate nel Mediterraneo e a quanta superficialità abbia connotato le istituzioni Nazionali, Comunitarie ed Internazionali, qualunque decisione e determinazione, assunta fuori tempo massimo, non assolverà nessuno di tutti quelli che potevano decidere e non lo hanno fatto. In fondo si trattava di modificare il paragrafo di un regolamento e non il senso di una Magna Carta.
Mimmo Critelli