Kroton, Sybaris e Locri Epizefiri. Da candidare a siti Unesco.
Ripartire da qui per iniziare un percorso di attività che potrebbe aiutare lo sviluppo e la rinascita del territorio.
È inutile, oserei dire banale, pensare di utilizzare risorse per valorizzare l’inestimabile e preziosissimo patrimonio culturale e archeologico sul promontorio di Capocolonna se, preliminarmente, non si affrontano in maniera seria, e scientificamente supportata, le problematiche relative all’erosione costiera, all’erosione del suolo e al dissesto idrogeologico che interessano e aggrediscono il promontorio Lacinio nella sua interezza.
A questo riguardo, seppur con tutti i limiti sui quali, almeno per il momento, vorrei sorvolare, ho valutato positivamente i lavori per la messa in sicurezza della fragile e instabile falesia su cui è arroccata la Chiesa dell’Annunziata. Opere di somma urgenza, concertate tra gli Uffici centrali e periferici del Ministero della Cultura d’intesa con il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale-Nucleo Cosenza, e resesi necessari dopo il violento nubifragio che si è abbattuto sulla città, e sul promontorio, nel mese di novembre 2020. Credo che, mai come in questo caso, fossero lavori improcrastinabili per evitare la scomparsa definitiva del promontorio e con esso tutto quello che di rilevante, dal punto di visto storico ed archeologico, in esso si trova. E non penso di appartenere alla schiera dei catastrofista. Tutt’altro. Per quanto riguarda il promontorio Lacinio io ho sempre creduto, e oggi lo credo ancor di più, che la sua marginalità e, in parte, il suo degrado, non fosse solo un problema di risorse, se non parzialmente, ma fosse, in realtà, una mancanza di visione strategica di una città alla perenne ricerca di una sua identità dopo la dismissione industriale.
Le risorse c’erano ieri e ci sono oggi, e sono quelle legate alla mitigazione del dissesto idrogeologico e alla difesa del suolo all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza, a cui, e non è solo una provocazione, potrebbero aggiungersi quelle dell’Antica Kroton che, almeno all’inizio, era un progetto di grande rilevanza strategica che prevedeva la creazione di un grande attrattore culturale nell’area settentrionale dell’antica città magno graeca e che, lasciato in mano a quattro decerebrati, si è ridotto a un misero e miserevole progetto di riqualificazione urbana. Un’operazione inutile e che probabilmente si perderà in mille rivoli. Irrisori ed irrilevanti. E che invece, stante così le cose, sommate a quelle del dissesto idrogeologico e della difesa costiera e del suolo, potrebbero rivelarsi ed essere risorse importanti per una straordinaria progettualità a salvaguardia e per la messa in sicurezza del promontorio Lacinio, che, a questo punto, potrebbe diventare un grande attrattore culturale della Riva Sud d’’Europa.
Per questo plaudo, seppur con riserva, al Mibact che prima di intervenire sul patrimonio archeologico esistente ha deciso di proteggerlo con la messa in sicurezza della falesia a cui, da notizie in mio possesso, si aggiungeranno altri interventi di protezione e di messa in sicurezza del promontorio. Mossa oculata, e direi anche azzeccata, qualunque cosa se ne dica e qualunque cosa ne diranno i Soloni di casa nostra.
È da qui che senza perdere tempo bisogna partire e iniziare un percorso di attività che potrebbe aiutare lo sviluppo e la rinascita del territorio.
L’area di Capocolonna, ce lo diciamo ormai da decenni, può dare molto alla città sia in termini turistico culturali e sia in termini ambientali, attesa che il promontorio è in una zona di riserva integrale di una delle più grandi aree marine protette d’Europa. Quindi, sotto quest’aspetto, lavorando molto e molto seriamente, e senza continuare a trastullarci con la nostalgia di un passato lontano nel tempo di oltre tre millenni, non troverei poi tanto assurda e peregrina l’idea di proporre al governo regionale, prima, e a quello nazionale, poi, le candidature delle aree archeologiche di Capocolonna, di Sybaris e di Locri Epizefiri, a siti riconosciuti dall’Unesco quale patrimonio dell’umanità. Senza dimenticare che la cultura e il turismo, nel nostro caso legati all’ambiente, sono e possono essere una risorsa importante per il nostro territorio e per l’intera fascia jonica calabrese, dove, lo ricordo ai “distratti” si è consumata la nostra storia, dove risiedono le nostre tradizioni e dove aleggia il nostro futuro. Basta convincersene. Senza giocare allo scaricabarile e, soprattutto, al benaltrismo.
Tra l’altro in una visione nuova e ambiziosa del futuro di Crotone, che non può che partire dal mare, l’area che parte da Capocolonna dovrebbe essere il primo tassello da cui far partire l’ideazione del nuovo waterfront cittadino che da Capocolonna arrivi sino alla foce del fiume Neto. Realizzazione del nuovo waterfront da far precedere, senza inutili e risibili scontri frontali, e tribali, con Eni, dalla bonifica vera e reale e, soprattutto, veloce della zona industriale, con il trasferimento integrale del materiale di risulta in una discarica di servizio, e dalla delocalizzazione, nella zona industriale già esistente al confine tra i comuni di Crotone e Scandale, di tutti gli opifici industriali, almeno di quelli più impattanti dal punto di vista ambientale, presenti nella parte a Nord, quella per intenderci tra le ex aree industriali e la foce del fiume Neto.
Questa la sfida che ci attende e per cui vale la pena di lottare e, forse, di amministrare l’antichissima e nobilissima città di Crotone. Il resto, a mio parere, sono quisquilie e pinzillacchere che lascio volentieri a quanti sui risentimenti, sui rancori e sui veleni sparsi e seminati a piene mani al pari delle loro sciocchezze e delle loro stupidaggini hanno costruito le loro momentanee fortune politiche destinate, come del resto tutte le cose effimere, a sparire nel breve volgere di un battito d’ali di una farfalla.
Giovanni Lentini