Baker Hughes: Ora che facciamo?
La quiete dei più deboli non è accettazione, è rassegnazione. È tempo di svegliarsi, di pretendere una strategia concreta, di lavorare per trasformare le potenzialità in realtà
Quando un obiettivo si raggiunge, è frequente assistere a un calo dell’attenzione e della tensione. La questione di Baker Hughes sembra riflettere perfettamente questa dinamica: la chiusura di una partita e la riapertura di un vuoto. Ma quel vuoto chi lo colmerà? Chi già possiede uno stipendio continuerà a percepirlo, chi vive nella precarietà o nella disoccupazione, invece, resterà intrappolato nella sua condizione. Un copione noto, ma che non può e non deve essere accettato. Dietro questa situazione traspare indifferenza e una cronica mancanza di solidarietà verso chi, nel territorio, è ancora in cerca di un futuro. Dire “no” ad alcuni investimenti che non rispettano le vocazioni locali è sacrosanto, ma dire “no” senza proporre alternative è sterile e pericoloso. Abbiamo respinto le cosiddette “minacce” al nostro ambiente, ma quale scenario stiamo costruendo per garantire lavoro e sviluppo? È questo immobilismo il vero nemico, eppure sembra che nessuno si ribelli.
La nuova battaglia delle pale eoliche
In un contesto dove si continua a ragionare a compartimenti stagni, si profila già un’altra battaglia, quella contro le pale eoliche, percepite come un nuovo “mostro ambientale”. Ma fermiamoci a riflettere: perché chi ha il potere decisionale, percepisce il nostro territorio come un’area dove tutto si può fare, tranne che rispettarne le reali vocazioni? Perché non trasmettiamo un’identità chiara, coerente con una visione turistica e sostenibile? Le pale eoliche sono solo l’ultimo capitolo di una narrazione che ci vede troppo spesso spettatori. Anziché dare forma a ciò che siamo e vogliamo essere, restiamo passivi, a dire “no” a prescindere o ad accettare ciò che ci viene imposto senza visione.
Un progetto inespresso per il Golfo di Taranto
Abbiamo sul tavolo un’idea straordinaria: un’area metropolitana del Golfo di Taranto che colleghi Salento, Basilicata e Calabria, unendo le potenzialità di 24 porti e aprendo nuove vie del mare. Da Gallipoli a Crotone, da Taranto a Corigliano Rossano, tutto in un soffio: un sistema integrato per il turismo e l’economia del mare. Un progetto che trasformerebbe il Golfo in una destinazione turistica di eccellenza, intercettando flussi del Salento, della Basilicata e della Calabria e creando un circolo virtuoso di scambi e opportunità. Eppure, su tutto questo cala il silenzio. Non si discute, non si agisce. Rimaniamo fermi, incapaci di cogliere un’occasione epocale. Mancano il coraggio e la capacità di proporre, mentre prevale una cultura del “no” che fa scappare insediamenti produttivi e chiude la porta al futuro.
Il silenzio dei più deboli
Questo immobilismo non è solo figlio di politiche inadeguate, ma anche di un territorio che sembra non avere più la forza di reagire. La quiete dei più deboli non è accettazione, è rassegnazione. Non possiamo continuare a sfruttare questa stanchezza come un alibi per non fare nulla. È tempo di svegliarsi, di pretendere una strategia concreta, di lavorare per trasformare le potenzialità in realtà. Ora che la partita di Baker Hughes sembra chiusa, è il momento di aprirne una nuova. Ma questa volta le regole dobbiamo scriverle noi.
Matteo Lauria