Sibaritide-Pollino, Lauria (CMG): “Una Provincia senza futuro che condanna il territorio all’immobilismo”
Continuare a inseguire modelli sbagliati, guardando al passato anziché al futuro, non porterà mai al cambiamento
Le ultime notizie che vedono il sindaco di Castrovillari puntare ad un modello di provincia a tre teste, ispirato alla BAT pugliese, hanno l’aspetto di una maldestra corsa verso il fallimento. E mentre altrove si progettano visioni coerenti e coraggiose, in riva allo jonio si ripropone lo stesso scenario di sempre: unire l’inconciliabile. Il tentativo di aggregare città come Corigliano-Rossano (80mila abitanti), Castrovillari (21mila abitanti) e Cassano (18mila abitanti) è la palese dimostrazione di una visione miope e confusa del territorio, che non tiene conto né della realtà geografica né di quella economica, almeno lungo l’asse Corigliano-Rossano-Castrovillari. Sarebbe una provincia di appena 250mila abitanti. Piccole province che farebbero la fine di Crotone o Vibo.
È sufficiente dare uno sguardo al modello pugliese per capire quanto la proposta calabrese sia una pallida imitazione priva di sostanza. La BAT (Barletta-Andria-Trani) raggruppa città ben più consistenti: Barletta con 92mila abitanti, Andria con 96mila e Trani con 55mila. Parliamo di centri che, sebbene vicini tra loro, possono contare su economie robuste e, soprattutto, su una coerenza territoriale che li rende uniti e forti. Ma davvero si pensa che un modello come quello possa essere replicato in Calabria, aggregando aree costiere con aree vallive? La Sibaritide e il Pollino rappresentano due mondi economicamente diversi, che già hanno dimostrato di non funzionare insieme. L’attuale provincia di Cosenza ne è l’esempio lampante: la zona jonica, aggregata ad area valliva, con le sue caratteristiche e necessità, non è mai stata realmente ascoltata e soddisfatta. E ora vogliamo ripetere lo stesso errore?
La proposta Sibaritide-Pollino è l’ennesima dimostrazione della mancanza di una visione strategica per il futuro del territorio. Mentre Cosenza mira a costruire giustamente e legittimamente la “Grande Cosenza”, guardando al futuro con ambizione e progettualità, Corigliano-Rossano sembra volgere lo sguardo verso Castrovillari, seguendo un’idea di sviluppo che non ha né capo né coda. Non si può pensare di unire economie così diverse, modelli così distanti, senza che ci sia un reale progetto di integrazione territoriale e funzionale. Un progetto che, evidentemente, non esiste.
E la risposta, invece, è già lì, chiara e alla portata di tutti: la proposta della Magna Graecia, un’idea che risponde perfettamente ai criteri di omogeneità territoriale e demografica, e che prevede due capoluoghi corposi e strategici come Corigliano-Rossano e Crotone (410mila abitanti). Parliamo di una visione che rispetta le identità locali e che tiene conto delle vere esigenze del territorio. Ma cosa fanno le attuali amministrazioni? Guardano altrove, inseguendo le politiche centraliste che non fanno altro che indebolire ulteriormente la zona jonica.
Il problema di fondo è che, nonostante le chiacchiere e le promesse, la verità è sotto gli occhi di tutti: Castrovillari continua a essere considerata una costola del cosentinismo, sempre subordinata alle logiche del potere centrale. E chi governa Crotone, anziché alzare la testa e difendere con forza l’identità del territorio, appare sempre più avvitato a queste stesse logiche, incapace di pensare a un futuro diverso e migliore per la propria comunità.
E così, continuando su questa strada, rimarremo fermi nello stesso immobilismo che ha caratterizzato questi ultimi decenni. Lo status quo non cambierà mai, non ci sarà rinnovamento, tantomeno crescita. E mentre sul Tirreno si discute di alta velocità e di progetti infrastrutturali avanzati, sullo Jonio siamo ancora fermi ai lavori di elettrificazione, un’opera che sembra più una chimera che una realtà. Ma dove vogliamo andare? Con quale coraggio pensiamo di poter costruire un futuro per questo territorio se continuiamo a inseguire politiche fallimentari e modelli sbagliati?
La verità è che manca la voglia di riscatto, quella spinta indignata che dovrebbe scuotere le coscienze di chi amministra e di chi vive questo territorio. Siamo poveri di idee e, soprattutto, privi della volontà di cambiare davvero le cose. Non c’è visione, non c’è coraggio, non c’è un progetto che guardi lontano. Ci si accontenta del poco, si accetta lo status quo, si continua a lottare su temi che dividono anziché unire. Sullo Jonio si discute di pale eoliche, di industrie pesanti come la Baker Hughes, senza mai riuscire a trovare un punto di incontro su quelle che dovrebbero essere le vere priorità: infrastrutture, sviluppo sostenibile, crescita economica e sociale.
È questa la grande differenza tra il Tirreno e lo Jonio. Mentre sull’altra costa si lavora su progetti di ampio respiro, qui si è ancora fermi a battaglie sterili e divisioni interne. E finché non ci sarà un cambio di rotta deciso, finché non si capirà che è necessario unire le forze attorno a un progetto comune e coerente, il nostro destino sarà segnato. Continueremo a essere una terra divisa, disunita, incapace di costruire un futuro all’altezza delle sue potenzialità.
La proposta Sibaritide-Pollino non è altro che l’ennesimo tentativo di imporre una visione vecchia e fallimentare, che non risponde alle vere esigenze del territorio. E finché continueremo a inseguire modelli sbagliati, guardando al passato anziché al futuro, non potremo mai sperare in un cambiamento reale. Il riscatto passa dalla capacità di guardare oltre, di pensare in grande, di unire le forze attorno a un progetto comune e ambizioso. È questo che manca allo Jonio, ed è questo che continuerà a mancare finché le amministrazioni locali non prenderanno coscienza della realtà e non avranno il coraggio di cambiare rotta. Occorrono organismi amministrativi autonomi costituiti per vocazioni territoriali così da essere più competitivi e produttivi e poi lavorare in sinergia aumentando il potere contrattuale di sistema. Che sarebbe sistema Calabria.
Matteo Lauria