Aree interne e riorganizzazione territoriale della Calabria.
La necessità di superare l’attuale classificazione amministrativa per fornire un futuro sostenibile alla nostra Regione.
Nel Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza, almeno nelle intenzioni degli estensori del piano, è centrale un obiettivo! Direbbero gli strateghi della comunicazione un “claim”. Ridurre il divario esistente tra i territori. Tra il Nord e il Sud d’Europa. E, nel nostro caso, tra il Nord e il Sud d’Italia. Leggendo le 168 pagine del PNRR #Nextgenerationitalia, approvato dal consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2021, altrettanto rilevante risulta l’obiettivo di ridurre il divario esistente tra i sistemi urbani e le aree interne.
Nelle linee d’intervento del PNRR che si occupano delle aree interne un posto di rilievo lo occupa la Strategia Nazionale delle suddette aree. Strategia Nazionale che divide le aree interne tra centri intermedi, periferie e ultra periferie in base al grado di accesso e di fruibilità dei servizi essenziali: sanità, istruzione e mobilità.
Com’è ormai risaputo più basso è l’accesso ai servizi essenziali e più aumenta la marginalità e lo spopolamento delle aree interne. Spopolamento che nelle Regioni del Sud Italia arriva a numeri impressionanti, con le aree interne che arrivano ad occupare oltre il 60% del territorio e solo il 19% per cento della popolazione. Cifre che nel caso dei Comuni del Marchesato crotonese e dell’alta e bassa Sibaritide, del resto molto simili tra di loro, diventano ancora peggiori e per questo più preoccupanti. Con la maggior parte della popolazione riversata sulle coste e con lo spopolamento dei centri collinari e montani.
Le aree interne, ed è ormai un dato incontrovertibile, rappresentano la nostra riserva, Sono le risorse di futuro, del nostro futuro! Esse ci danno la possibilità di usufruire di servizi eco sistemici di supporto alla vita, di approvvigionamento, di regolazione e di cultura.
In questo senso, le aree interne, hanno, e sempre di più ricopriranno, un ruolo fondamentale come vero e reale modello di sviluppo sostenibile. A partire dall’agricoltura e dalla mobilità sostenibile, dall’innovazione e dal recupero delle filiere tradizionali, dal turismo con carattere di sostenibilità e dalla vivibilità. Dato, quello della vivibilità, che sempre di più inciderà nelle valutazioni complessive della qualità della vita.
L’obiettivo della politica regionale calabrese deve essere quello di creare le condizioni per riabitare i paesi e le aree interne. Lo sforzo dev’essere quello di pensare e di costruire soluzioni che permettano di riabitare i piccoli paesi e non farli spopolare. Per fare questo occorre una nuova geografia delle aree interne. Comprendere per davvero la resilienza che nel caso delle nostre aree interne fa rima con resistenza. E creare le condizioni per uno sviluppo sostenibile e resiliente/resistente. Pensando alle unioni e alle fusioni, se necessario, dei comuni. Rafforzare i Gruppi di Azione Locale e gli enti parchi. Dare spazio alla cultura e alle arti creative. Incentivare il recupero degli antichi mestieri. Insomma un’inversione di rotta, all’insegna di una gestione e pianificazione del territorio e dello sviluppo umano più sostenibili.
Per fare questo occorre che la politica corra e non perda tempo, diversamente da come sta avvenendo con l’elezione del Presidente della Repubblica, con la celebrazione di riti e rituali che non hanno più senso.
Nel caso dei nostri territori e delle nostre aree interne occorre che la politica regionale e locale prenda atto che il depauperamento e lo spopolamento delle nostre aree interne, e in particolare quelle della fascia jonica calabrese, non sono fattori neutri ed ininfluenti e sempre di più influenzeranno lo sviluppo anche dei territori e delle popolazioni dei pochi sistemi urbani calabresi.
Per questo la cura e la salvaguardia delle aree interne potrebbe trovare vantaggi e benefici dall’utilizzo dei fondi del PNRR; da quelli della programmazione comunitaria 2021/2027 e da quelli del Fondo Sociale di Coesione. Partendo per esempio dalla prossima riorganizzazione e rifunzionalizzazione della rete scolastica regionale, senza ricorrere mai più all’insopportabile dimensionamento scolastico, e dalla nuova riorganizzazione sanitaria territoriale prevista dalla missione 6 del PNRR e da calibrare con un occhio di riguardo per le aree interne su base territoriale, e non più ospedaliera, con la creazione delle Case della Comunità e presa in carico della persona, come primo luogo di cura e telemedicina e primo luogo di cura (ADI) e con il rafforzamento dell’assistenza sanitaria intermedia e delle sue strutture (Ospedali di Comunità). Organizzazione della medicina territoriale che non può essere organizzata secondo un modello del territorio legato alle provincie esistenti che, nel nostro caso, ruotano attorno alle province storiche ma meglio e più efficacemente alle Aree Vaste.
In quest’ottica va pensata e ridisegnata una riorganizzazione complessiva dei territori con l’unione e la fusione dei comuni o, nei casi dei sistemi urbani, con le conurbazioni come quella ideata e pensata da un gruppo di “visionari” del territorio crotonese per la realizzazione e la costruzione dell’area urbana attorno alla città di Crotone che di fatto trasformerebbe i centri intermedi in sistemi urbani e le periferie e le ultra periferie in centri intermedi. Un circolo virtuoso che, pur non snaturando le peculiarità, ed aggiungo, le bellezze delle aree interne le renderebbe più vivibili e più sostenibili.
Giovanni Lentini