In val di Crati si imbastisce, in riva allo Jonio si tenta di disfare. Storia di una mediocrità senza eguali
Prove tecniche di fusione amministrativa a Cosenza. Tentativi di disfacimento del processo assemblativo sullo Jonio.
Era nell’aria già da tempo, il processo d’assemblaggio amministrativo tra Cosenza, Rende, Montalto e Castrolibero. Prima o poi sarebbe passato agli onori della notizia.
Ed è così che, anche in val di Crati, iniziano le prove tecniche di fusione. Da persona che ha vissuto Cosenza, prima da studente ed oggi da lavoratore, non sono affatto meravigliato. Bisogna considerare che la città, nei primi anni ’80, contava già più di 100mila abitanti. Scorporando dalla sommatoria, derivante dalla futura fusione, i circa 40mila autoctoni tra Rende, Montato e Castrolibero, la città dei Bruzi avrà semplicemente ricompattato i suoi ex abitanti. Inoltre l’eccessivo delirio d’onnipotenza che scorre nelle loro vene, rende impensabile consentire che altra città, nello stesso ambito provinciale, possa salire su un podio più alto.
Le prime avvisaglie si erano viste già alcuni mesi fa. In occasione delle due conferenze dei Sindaci, il primo cittadino di palazzo dei Bruzi aveva marinato l’assise. Questo a riprova del livello di rispetto che si ha verso la comunità che ha l’onore e l’onere di indire la conferenza stessa, essendo quella demograficamente più ampia della provincia.
Sia chiaro, che a Cosenza e pertinenze si valuti la fusione è il processo più naturale che ci sia. I quattro comuni coinvolti sono la naturale prosecuzione e dilatazione, uno dell’altro. Certamente una fusione meno bilanciata di quella nostrana, se si considera il dato demografico dei 4 comuni, ma tant’è.
In tutto ciò, alle nostre latitudini, piuttosto che adoperarsi affinché il sagace ed indifferibile processo storico s’incanali nel giusto binario, si preparano moti partigiani per restaurare la situazione ex ante il processo assemblativo.
Si ricercano rocamboleschi sistemi per tentare di dare giustificazione ad atteggiamenti dissennati, mediocri e non riconducibili alla benché minima lungimiranza. Personalmente non sono affascinato dal chiacchiericcio scialbo, mi interessa piuttosto la pratica con cui l’amalgama amministrativa si sta consumando.
Quindi s’aizzano le folle! Argomenti da vendita ad incanto sono: Santi Patroni, ufficetti, caserme che cambiano indirizzo. In effetti al di là, di questo parolaio da cantina, altri spunti di riflessione imputabili all’assemblaggio, non esistono. Le problematiche che ci sono in città, erano presenti anche nella loro vita da zitelle: l’acqua un miraggio, la spazzatura neppure a parlarne, il decoro urbano negli ultimi anni lasciava molto a desiderare, la disperata fame di lavoro attanaglia i due ex centri da molti lustri. Del resto, perché sorprendersi! Sull’ala bizantina lo Stato, da circa 15 anni, ha iniziato a smontare le tende; dal lato ausonico, l’economia continua ad essere ancorata ad un livello appena sub-familiare. Il contesto di produzione, lavorazione e commercializzazione, in agricoltura, è ancora ad uno stato primordiale. L’idea del consociativismo cooperativo, quello che ha fatto la fortuna di territori come la Spagna o, per rimanere in ambito italiano, l’Emilia ed il Veneto, neppure a pensarci. Per quanto riguarda il turismo, invece, tra il Crati ed il Trionto, siamo convinti che ancora si arrivi da noi a bordo delle 127 che il venerdì pomeriggio partivano da Pomigliano D’Arco per farvi rientro nella nottata tra la domenica ed il lunedì.
Si parla anche dei pochi fondi elargiti dallo Stato. Ci si diletta in rudimentali dividendi, secondo cui, al cittadino spetterebbero mediamente 25 euro dei 2 milioni previsti per 10 anni.
Ebbene, solo menti pezzenti possono pensare che la fusione sia stata un’operazione finalizzata a concedere una pizza ed una birra ad ogni cittadino! Gente di siffatta levatura e caratura intellettuale, volete possa conoscere altri argomenti oltre ai succitati targets?
La fusione, era e resta un processo politico! Fine ultimo della stessa è l’acquisizione di valenza in ambito Regionale, Statale ed Europeo. Per fare questo bisogna conquistare il rispetto delle proprie pertinenze territoriali, sforzandosi d’avere una visuale di territorio che, ahimè, in riva allo Jonio è ancora ancorata alla cultura dell’orto. Visuali flagellate da galoppante miopia possono realizzare, al massimo, che il territorio parta da Rocca Imperiale e finisca a Cariati! L’ambito Jonico, bistrattato, stuprato, disconosciuto dai poteri centralisti, se non per le occasioni in cui funge da serbatoio elettorale, s’estende dal piano di Sant’Anna e lambisce la Lucania passando per l’entroterra silano greco.
Corigliano Rossano dovrà giocoforza ergersi a Capoluogo, e Crotone ci sta fornendo una meravigliosa opportunità. Chi ancora fomenta folle, parlando di province autonome, o è in malafede o mente sapendo di mentire.
Lo Stato non concede la creazione di nuovi Enti, ma la Costituzione prevede il bilanciamento dell’esistente in situazioni sproporzionate e scriteriate.
Magna Graecia cambierebbe il volto dello Jonio!
Sorgendo dalle ceneri della provincia Crotone, dalla quale si differenzierebbe in fase statutaria, prevedendo due Capoluoghi, restituirebbe rispetto agli oltre 400mila abitanti dell’area, rivalutando il peso della città di Pitagora, insignendo Corigliano Rossano dello status che le compete: quello di Capoluogo.
Comprendo che argomenti sfidanti, non possano essere sposati da tutti, ma le minoranze oligarchiche, travestite da capipopolo, non dovrebbero arrogarsi il diritto di parlare per la loro città. Soprattutto quando la loro città ha il dovere civico di guardare ben oltre il Crati, il Trionto, Piana dei Venti e Piana Caruso.
Ma ha anche la responsabilità di guardare verso l’orizzonte, quella linea che rappresenta il domani e non già il passato. E il nostro domani ha un nome: si chiama Magna Graecia, anelito alla realizzazione dignitosa dell’Arco Jonico-Silano.
Domenico Mazza