SANITARI IN FUGA DAGLI OSPEDALI SPOKE. STRUTTURE INSICURE E INADEGUATE AI COVID
Promiscuità negli presidi, mancata differenziazione degli stessi, impreparazione alla pandemia, assoluta assenza di strutture di sicurezza a preservare il personale sanitario
La situazione che si sta delineando in Calabria laddove si stanno allestendo ospedali covid negli spoke ci lascia basiti. I nostri appelli cadono nel vuoto, mentre aumentano i contagi a causa del pressapochismo imperante. Presidi spoke lasciati all’incuria per decenni, privati di capitale umano e competenze, oggi dovrebbero assurgere al ruolo di fortini per contrastare un’epidemia che ha già reso in frantumi il miglior sistema sanitario d’Europa, ovvero quello lombardo.
Approssimazione e arroganza imperano, dovremmo fare di necessità virtù, consapevolizzando che questo sistema, così come gestito ad oggi, sta dimostrando tutti i suoi limiti, invece ci ergiamo a paladini di un qualcosa che potrebbe risultare letale per alcune aree di una martoriata regione come la nostra.
Si è stabilito di utilizzare i presidi spoke assieme agli hub, come avamposti di contrasto alla pandemia, ma dai primi risultati stanno emergendo tutte le problematiche che affliggono dette strutture. I casi maggiori giungono proprio dalle aree sedi spoke, e nessuno si chiede il perché, tanto meno ci si adopera nel fare analisi e capire le ragioni.
Sull’Asp di Crotone, ci si meraviglia dei 300 casi di sospetta malattia, tra medici, infermieri, oss ed amministrativi, ma poi non ci si sofferma sul fatto che gli stessi non siano dotati di sistemi e dispositivi di sicurezza basilari e fondamentali a fronteggiare l’epidemia, inoltre mal si comprende il fatto che gli stessi siano stati in un primo momento redarguiti – da quel che ci risulta- circa l’utilizzo delle mascherine (vitali al fine della non proliferazione del contagio), poiché le stesse avrebbero spaventato avventori che nei giorni si sarebbero recati presso ospedali e poliambulatori, per poi esserne totalmente sprovvisti una volta appurato e conclamato anche dalla commissione scientifica, la vitale importanza delle stesse al fine di evitare la propagazione massiva del contagio che sta impattando la regione.
Certo le professioni sanitarie sono chiamate a scendere in prima linea, ma è dovere del datore di lavoro, in questo caso l’Asp, mettere in condizione i propri subordinati di espletare le loro mansioni in totale sicurezza, pena ripercussioni anche dal punto di vista penale. Tali condotte si configurano come un atto di garanzia non solo nei confronti del personale sanitario interessato, ma anche per l’intera comunità. Pensiamo a quei pazienti affetti da varie patologie (con difese immunitarie basse) che, recandosi in un spoke, entra a contatto con ambienti in cui ha sostato un sospetto Covid.
Il senso di responsabilità dovrebbe indurre chi di competenza a disegnare e pianificare l’organizzazione emergenziale sanitaria tenendo in considerazione l’esistente in relazione alle disponibilità. Oggi il sistema ITALIA è a corto dei kit di protezione individuale, in particolare di mascherine con i filtri. Prevedere poli covid anche negli ospedali spoke, significa moltiplicare il numero di kit necessari alla rete ospedaliera. E lo Stato italiano non è nelle condizioni di garantire tali forniture. Tra l’altro l’emergenza Nord intercetta al momento ogni priorità. Non è un caso se le 25mila mascherine destinare originariamente all’Asp di Cosenza siano state successivamente dirottate all’emergenza scoppiata in Lombardia.
I comportamenti assunti dai presunti assenteisti di Crotone devono essere letti ed interpretati come atto di autotutela e non già come soggetti da incriminare, basta fare una indagine interna all’area del sistema sanitario crotonese per cogliere le ragioni che sottendono al massivo, seppur poco piacevole, ricorso all’istituto della malattia. Ci risulta che alte cariche dirigenziali gironzolassero per ospedali, distretti e uffici amministrativi a Covid contratto.
Parimenti, nella Sibaritite si può pensare che il polo covid sia un Plesso dello Spoke di Corigliano Rossano, nella fattispecie il “Giannettasio”, che non ha mai ospitato nei suoi reparti le malattie infettive, un reparto di pneumologia, un laboratorio di microbiologia e virologia, e che sullo stesso pronto soccorso gravi il compito dell’incombenza notturna di un territorio d’oltre 200mila abitanti, mentre gli stessi operatori denunciano di non avere alcuna sicurezza nel lavoro che quotidianamente svolgono?
Si può affrontare la problematica covid nell’alta Magna Graecia, quando assistiamo ad esposti presso la procura della repubblica, per sospetti casi covid, giunti nel Presidio “Compagna” e fatti circolare tra i reparti, senza che la cosa generasse indignazione e paura?
Abbiamo sostenuto e rivendichiamo che gli unici ospedali, purtroppo, in questa condizione di precarietà ed impreparazione, atti a poter fronteggiare il tornado che sta arrivando, sono solo i presidi HUB, sui quali negli ultimi anni si è concentrato tutto. Gli spoke, un tempo presidi d’eccellenza, oggi sono prevalentemente scatole vuote di intrallazzi e soprattutto di servizi base, ma svuotati d’ogni specifica peculiarità, in nome e per conto di un centralismo becero che ha allocato tutto nei presidi dei capoluoghi storici.
Dai dati che arrivano (e da quelli maldestramente celati) l’area dell’arco Jonico potrebbe essere la più impattata di tutta la regione! Ed a questo ci prepariamo allestendo reparti di fortuna nella speranza che da questo si possa ottenere, una volta allontanato questo nemico invisibile, la riconoscenza dei capoluoghi e dei loro Presidi, magari lasciandoci in dote i posti letto che nottetempo ci hanno concesso?
Il centralismo prevede onori ed oneri! Ed è giusto che si pretendano oneri da quelle strutture che storicamente hanno fatto manbassa di tutto.
Non si può affrontare una guerra con i presidi spoke di Crotone e Corigliano Rossano, dove nel primo caso all’improvviso dopo anni di menefreghismo totale assegnano circa 40 posti letto tra infettivi, pneumologia e terapia intensiva, e Corigliano Rossano dove non si è stati neppure capaci di mettere in atto il famoso piano Scura che prevedeva la differenziazione e lo scorporo tra area medica e chirurgica fra i due plessi del nosocomio, pensando di equipaggiali a mo’di guerra con i camici di carta crespa e le mascherine di carnevale.
Riflettiamo bene, partendo da quello che sta impattando il Paese, cogliendo il fatto che questo sistema una volta terminata l’emergenza andrà immediatamente riformato! La sanità regionale ha dimostrato tutti i suoi limiti e bisognerà consapevolizzare che lo Stato non potrà più esimersi dalle sue responsabilità.
Impariamo dagli errori per costruire un nuovo servizio sanitario nazionale, che non lasci aree attrezzate e periferie abbandonate.
Non mettiamoci in una condizione di promiscuità nella quale i pazienti covid si troveranno giocoforza a contatto con i pazienti non covid (le strutture spoke non hanno corsie di canalizzazione isolate), sarebbe l’errore più grande in questo momento, che vanificherebbe al contempo tutte le pratiche restrittive e d’isolamento sociale che si stanno attuando.
Impostiamo un piano d’emergenza con diversi attori in campo a supporto del personale sanitario, partendo dalla protezione civile e dall’esercito che con i loro mezzi a disposizione potrebbero svuotare i presidi HUB in qualche giorno, accompagnando e trasportando i degenti presso gli spoke, utilizziamo i presidi dismessi per le patologie d’area medica, isoliamo gli Hub per prevenire il diffondersi massivo dell’epidemia, creiamo una rete funzionale e strutturata, figlia del ragionamento e non delle dinamiche di pancia.
Il tempo a nostra disposizione si sta assottigliando sempre di più!
Differenziamo le strutture sanitarie, con la consapevolezza che solo gli HUB hanno i presidi di sicurezza per le maestranze, atti a fronteggiare l’avanzata dell’epidemia e preserviamo i degenti non covid allocandoli negli spoke, che potrebbero tranquillamente svolgere una funzione di supporto agli acuti.
Ufficio stampa – Comitato Magna Graecia